Roma 2 dicembre 2011 (SRN) Molti
colleghi ci chiedono informazioni circa un ricorso, promosso da un avvocato di Roma e da alcune
piccole organizzazioni sindacali riguardante una presunta maggiorazione
stipendiale del 2,5% da attribuirsi ad ogni poliziotto per ogni figlio a carico. Solo per
questo ci occupiamo di fare un po' di
chiarezza sul tema. Sebbene questi volantini sindacali si riferiscano genericamente ad
una legge e ad una sentenza del TAR Molise senza citare gli
estremi né dell'una né dell'altra, in realtà tentano di far rivivere alcuni
riferimenti normativi che riportano ad un Regio Decreto del 1937 la cui applicabilità è impensabile se
trasportata ai nostri giorni, considerato il fatto che dal 1 gennaio del 1987 il sistema
retributivo ha cambiato la sua architettura e anziché basare la progressione
retributiva per "classi e scatti" si fonda sulla "retribuzione
individuale di anzianità", incompatibile
con le previsioni normative di corresponsione di "benefici demografici e/o
combattentistici".
Per
quanto concerne la sentenza positiva del TAR Molise, mettiamo a conoscenza i
colleghi che il Consiglio di Stato si è pronunciato
in senso negativo smentendola e denegando il diritto (ecco gli estremi
del parere: C.d.S., Sezione IV, sent. n. 5475/2007). Oltre a questo c'è un'ulteriore giurisprudenza in merito, quella
dell'annulamento di un'altra sentenza del TAR Veneto nel 2002 (C.d.S.,
sent. nr. 1260/2002).
E' stato dunque chiarito
definitivamente e in più occasioni dal Consiglio di Stato che l'attribuzione di
quei benefici è "palesemente irragionevole e, come tale, da
disattendere". Rimanendo comunque a disposizione per ulteriori approfondimenti in
merito, riportiamo il parere legale, dell'Avvocato Roberto Mandolesi, molto visitato in internet.
PARERE LEGALE
Il Consiglio di Stato si è già
pronunciato in senso negativo.
Alcuni Delegati della
Rappresentanza militare (COIR CC PODGORA) hanno chiesto di verificare la
possibilità di avviare un’azione giudiziaria collettiva per il riconoscimento
dei benefici demografici, dovuti, cioè, per la nascita dei figli. Tale
beneficio trova fondamento nell’art. 22 del Regio Decreto Legge n. 1542/37 -
modificato, in sede di conversione, dalla Legge n. 1/39 - che, al primo comma,
stabilisce: “nei riguardi dei dipendenti delle amministrazioni statali, ...,
forniti di stipendio, paga o retribuzione, suscettibile, secondo le
disposizioni vigenti, di aumenti periodici, il periodo in corso di maturazione
alla data di nascita di un figlio si considera compiuto dal 1° del mese in cui
avviene la nascita, se questa si verifica entro il giorno 15 e in caso diverso
dal 1° del mese successivo”. Nei successivi commi, si precisa, per quanto di
interesse che:- “alla attribuzione degli aumenti di cui al presente articolo si
fa luogo in base al semplice accertamento della nascita, omesso ogni parere dei
consigli di amministrazione o di altri consessi similari”; - “qualora entrambi
i coniugi siano dipendenti statali, l’aumento periodico si concede ad uno solo
di essi, salva facoltà di scelta del trattamento più favorevole”; - “in
occasione di parti multipli si fa luogo alla concessione di un solo aumento
periodico indipendentemente dal numero dei figli nati”; - “nel caso in cui
l’aumento periodico per anzianità di servizio, dovuto secondo le disposizioni
vigenti, venga a maturare alla stessa data dalla quale decorre l’aumento
concesso per la nascita del figlio in applicazione del 1° comma del presente
articolo, è concesso anche il successivo aumento periodico di stipendio
eventualmente previsto per il grado ricoperto”; - “la decorrenza degli aumenti
periodici di stipendio successivi e quella delle promozioni che, ai sensi delle
vigenti disposizioni, siano da conferire in dipendenza del raggiungimento di un
determinato aumento periodico di stipendio, paga o retribuzione, non restano
modificate per effetto della concessione di cui ai commi precedenti”. Il D.L.
n. 283/1981, convertito con modificazioni in Legge n. 432/1981, al comma 4,
dell’art. 16, titolo V - personale militare – prevede altresì che: “ai fini
dell’attribuzione degli aumenti periodici biennali per la nascita dei figli o
per altre situazioni previste dalle norme vigenti si conferiscono aumenti
periodici convenzionali del 2,50% sulla classe stipendiale di appartenenza,
riassorbibili con la successiva progressione economica”. Con l’entrata in
vigore della Legge n. 468/1987 - Misure urgenti per la concessione di
miglioramenti economici, al personale militare - e della Legge n. 472/1987 -
Attuazione dell’accordo contrattuale triennale relativo al personale della
Polizia di Stato ed estensione agli altri Corpi di polizia – fu modificato il
sistema di attribuzione stipendiale del personale non dirigente introducendosi,
al posto della progressione per classi di stipendio, il sistema della
retribuzione individuale di anzianità (RIA). Dal 1 gennaio 1987, quindi, le
Amministrazioni interessate sospesero l’attribuzione di tutti quei benefici
comunque collegati agli automatismi biennali per anzianità. Secondo l’A.,
invero, la condizione richiesta per la eventuale concessione anticipata degli
incrementi di stipendio è che la carriera di appartenenza del dipendente
preveda automatismi con attribuzione di periodici aumenti biennali. Questa
interpretazione fu poi smentita dal Consiglio di Stato, che con il Parere n.
742/1992, reso dalla Sezione Prima nell’Adunanza Generale del 17 maggio 1993,
ritenne che l’avvento del nuovo sistema stipendiale (RIA) non avesse abrogato
la vigenza delle disposizioni relative ai benefici in oggetto e chiarì, in
termini generali, tutti i dubbi connessi alle modalità di corresponsione dei
benefici de quibus e quelli relativi all’individuazione dei potenziali
destinatari. Recentemente, anche il T.A.R. del Lazio, definendo delle
controversie per il riconoscimento dei benefici c.d. combattentistici, ha
ribadito i principi espressi nella citata sentenza del Consiglio di Stato, resa
in sede consultiva, chiarendo che il passaggio dal sistema di progressione per
classi e per scatti a quello della retribuzione individuale di anzianità non
comporta la rinuncia ad utilizzare lo scatto di stipendio come strumento di
determinazione dell’incremento retributivo e non implica l’impossibilità di
continuare ad utilizzarlo come misura del particolare beneficio che il
legislatore aveva inteso accordare a determinate categorie di pubblici dipendenti
(sentenze nn. 9645 - 9668 - 9685 anno 2007). Il Consiglio di Stato, tuttavia,
annullando una similare sentenza resa alcuni anni fa dal T.A.R. Veneto (n.
1260/2002),ha definitivamente chiarito che “alla stregua di un’interpretazione
logico-sistematica” la normativa che ha previsto un nuovo sistema di
retribuzione del personale non dirigente (RIA) appare incompatibile con le
previsioni normative che prevedono la corresponsione dei cc.dd. “benefici
demografici” e/o “combattentistici”. Secondo il Collegio, invero, “seguendo la
tesi dell’originario ricorrente, fatta propria dal primo giudice, si perverebbe
al risultato che la progressione retributiva per classi e scatti – sostituita a
decorrere dal 1 gennaio 1987 con un sistema nuovo, fondato sulla per tutto il personale militare – dovrebbe
rivivere solo per l’attribuzione del particolare beneficio … : conclusione
questa palesemente irragionevole e, come tale, da disattendere”. Ed ancora: “né
può accettarsi l’osservazione che questo risultato sarebbe iniquo,
inaccettabile ed irragionevole, in quanto, la semplice modifica della struttura
del trattamento economico del personale militare inquadrato in livelli
retributivi comporterebbe la perdita di benefici che, però, continuerebbero a
essere riconosciuti a favore della dirigenza militare solamente perché resta
ferma, per gli appartenenti a quest’ultima, la progressione economica per
classi. Il rilievo non considera che la categoria dei dirigenti costituisce una
carriera a sé, completamente distinta e separata dal restante personale, per
cui una diversa disciplina del rispettivo trattamento economico è pianamente
ammissibile” (C.d.S., Sezione IV, sent. n. 5475/2007). Ecco perché ritengo
molto improbabile, allo stato, ottenere il riconoscimento dei benefici
demografici attraverso un’azione giudiziaria collettiva. Alla quale, peraltro,
potrebbero partecipare solo coloro che, negli ultimi cinque anni, hanno avuto
uno o più figli, a rapporto d’impiego già instaurato, e per vedersi riconoscere
un beneficio economico una tantum valutabile in circa 900 euro. Roma, 18 aprile
2009 F.to Avv. Roberto Mandolesi.
