Roma, 19 agosto 2010 - (SRN/Cultura) Oggi cade la ricorrenza dell'uccisione di Federico Garcia Lorca, il 19 agosto del 1936 ad opera dei franchisti in Spagna. Il poeta aveva trentotto anni ed era considerato il più grande rappresentante della letteratura spagnola contemporanea. Oggi molte testate giornalistiche hanno concentrato la comunicazione sulle ricerche dei suoi resti nella fossa comune di Alfacar vicino Granada. Secondo noi è più necessario riflettere, ancora una volta sulle ragioni della sua uccisione, che sul ritrovamento dei resti. Perché lo uccisero? Non aveva cariche politiche amministrative o sindacali; non compariva tra i militanti del Fronte Popolare: non era mai stato iscritto ad alcun partito; viveva solo di poesia e di teatro; gli volevano bene in tutta la Spagna e nella sua Andalusia in particolare. Garcìa Lorca scriveva poesie e canzoni che diventavano patrimonio del popolo, aveva espresso l'avversione dei gitani per la Guardia Civile. Federico Garcìa Lorca aveva ancora altri torti innanzi ai fascisti: nel 1931, proclamata la repubblica, egli aveva creato la goliardica e vagabonda "Baraca" per portare al popolo il glorioso teatro spagnolo del "secolo d'oro". Il primo dei ministri che si succedettero alla Pubblica Istruzione appoggiò la "Baraca"; poi, a mano a mano che la repubblica volgeva a destra, prima le dimezzarono il sussidio, poi glielo tolsero: ma Garcìa Lorca, coi suoi studenti, squattrinato e libero, continuò a portare nelle campagne e nei villaggi Cervantes e Lope de Vega, Tirso da Molina e Calderon de La Barca. Era un educatore del popolo: con le sue poesie, con le sue opere di teatro, con la divulgazione della cultura, lottava contro l'arretratezza, la superstizione, l'oppressione dello spirito. Perciò fu condotto a morte, non come uomo politico ma come poeta e come educatore. Oggi sono conosciuti i particolari dell'assassinio, organizzato, in base ad istruzioni del centro falangista di Madrid, dal deputato cattolico Ramon Ruiz Alonso, già allievo dei Salesiani, il quale poi coprì varie cariche a servizio del dittatore spagnolo. Secondo Ian Gibson “Ruiz Alonso era mosso da una profonda invidia letteraria nei confronti di Garcia Lorca. Conosceva perfettamente tutta la sua opera, ma la disprezzava per il successo che riscuoteva in Spagna e all’estero.” Definito da Gibson “fanatico della destra reazionaria e cattolica, pieno di odio nei confronti della Repubblica”, lo stesso Ruiz Alonso, in un’intervista rilasciata allo scrittore irlandese nel 1967, nego’ le accuse di aver provocato l’assassinio del poeta, assicurando di aver eseguito soltando gli ordini. Poiché all'estero la notizia dell'assassinio di Federico Garcìa Lorca avrebbe fatto pessima impressione, i falangisti spagnoli resero pubblica una versione secondo la quale il poeta sarebbe stato ucciso per uno scambio di persona. Successivamente l'infamia di quei poteri, arrivò ad inventare che Garcìa Lorca avesse scritto una poesia filofascista e perciò fosse stato ucciso dai comunisti. Questa carognata, che, peraltro, non attecchì, fu comunicata anche in Italia da un'agenzia di stampa e fu riprodotta e avallata da un numero di una rivista cattolico-fascista dell'epoca. Una verità non bella da ripetersi, una vergogna da ricordare. Non sono i resti della salma che servono a tenere viva la memoria di un'ingiustizia efferata contro la libertà e lo spirito dell'uomo, ma la riflessione continua sui fatti fino a che diventino macchia indelebile nella coscienza storica di ognuno.
