Roma, 30 giugno 2011 - (SRN) Dopo molte richieste dell'apprezzata e applaudita relazione del Segretario Generale del Siulp di Roma Saturno Carbone, abbiamo deciso di pubblicarla per intero:
Intervento di Saturno Carbone, Segretario generale del Siulp di Roma al 7° Congresso Provinciale del 22 giugno 2011 all'Hotel Princess Roma.
Ho il gradito compito di portare il cordiale saluto del SIULP alle Autorità, ai graditi ospiti, alle amiche e agli amici delle forze di polizia, agli esponenti del mondo politico e sindacale qui oggi presenti.
E soprattutto ai consiglieri provinciali, ai segretari di base ed delegati congressuali, con i quali ho condiviso, in questi lunghi anni, tanti momenti di gioia e di dolore, e perché no, anche qualche piccola arrabbiatura, perché quello del sindacalista è un mestiere che si fa col cuore, e chi lavora col cuore …. non può fare a meno della passione. E di quella sofferenza collegata, che si scatena quando l’obiettivo della nostra azione diventa difficile o impossibile. Col cuore e con passione.
Saluto allora, col cuore, il segretario generale Felice Romano; un grande amico, un amico presente, puntuale, brillante e determinato, che abbiamo sempre l’onore di trovare al nostro fianco in tutti i nostri appuntamenti, nella buona e nella cattiva sorte, e questo ci riempie di orgoglio e di soddisfazione.Saluto anche, con grande stima ed affetto, il segretario generale regionale del Lazio Enzo Troncarelli, un collega che viene dalla vecchia scuola del Siulp, e, come tutti gli anziani, merita rispetto ed attenzione, specie se, come lui, sanno essere presenti e sempre vicino alla nostra struttura, sanno trasmetterci quell’entusiasmo che solo chi ha visto nascere il Siulp sa conservare inalterato nel tempo.
Saluto Mario Bertone, segretario generale della cisl di Roma, l’unica confederazione che nel rispetto della nostra autonomia organizzativa e progettuale, ha garantito che il Siulp restasse un modello pluralista ed unitario, saldamente ancorato nell’alveo della confederalità.Celebriamo oggi, consentitemi il 30° anniversario della legge 121, e quindi della nascita, almeno sulla carta, del nostro Sindacato.
Trent’anni di storia, di passione e di sacrificio, scritta da migliaia di uomini e donne che hanno dedicato la propria esistenza al bene comune della sicurezza dei cittadini e del nostro Paese. Perché il Siulp è fondamentalmente, servizio per il bene comune, servizio ai poliziotti.
Servizio e non potere; servizio per i colleghi e per la collettività, mai potere a fini personali.
Questa è la lezione che tutti noi abbiamo imparato dai padri fondatori del nostro sindacato, …. questo è l’insegnamento che noi, sindacalisti e poliziotti di oggi, intendiamo fare nostro.
Ho sempre avuta ben chiara questa distinzione, nell’espletamento del mio primo mandato da segretario generale del Siulp di Roma: la nostra epoca, quella in cui la nostra generazione è stata chiamata ad assumere compiti di responsabilità, ha visto il crollo definitivo del concetto stesso di gerarchia.
Tutti noi siamo stati abituati a pensare in verticale, com’è ovvio che avvenga dopo anni di attività in strutture basate sul sistema gerarchico, nelle quali c’è sempre l’idea di un “capo” che pensa, decide ed opera su tutti. Questi anni di servizio nel Siulp ci hanno insegnato che occorre pensare in orizzontale, come accade in sistemi complessi e compositi di elementi separati e indipendenti, per i quali la diversa appartenenza deve conciliarsi con l’affinità e l’identità degli obiettivi istituzionali. Per questo il rappresentante del sindacato si relaziona alla pari col rappresentante dell’Amministrazione, perché portatore di interessi diversi ma aventi la stessa dignità, e quindi collocabili sul medesimo livello.
Da qui la necessità di adottare modelli di interrelazione più sofisticati della semplice gerarchia, che siano in grado di coniugare le esigenze di razionalizzazione ed efficienza con il rispetto delle singole autonomie, delle pari dignità dei ruoli, e delle specificità professionali. Il modello orizzontale sarà lo schema di gestione del nostro futuro prossimo, e la formazione dei quadri dirigenti del Siulp di Roma, in questa prospettiva, sarà una tappa obbligata del processo di ammodernamento che le mutazioni delle società porranno alla nostra organizzazione.
Non vi è gerarchia o sovraordinazione tra sindacato ed amministrazione, e se ancora alcuni fanno fatica a capirlo sono da ritenere fuori dal tempo. E, per quanto mi riguarda, anche dallo spazio romano, quantomeno.
Non c’è gerarchia neanche all’interno del Sindacato; tutti i colleghi devono partecipare alla gestione dell’organizzazione, alle scelte della stessa, ai momenti fondamentali di partecipazione.
La libertà, cantava Gaber, non è stare sopra un albero, libertà non è avere uno spazio libero, …. libertà è partecipazione. Nel Siulp tutti devono partecipare, perché la libertà è il valore fondante del nostro sindacato.
Una storia lunga ed appassionante, la nostra, oggi ancora più vitale, che propone nuove sfide, nuove pagine da scrivere.
In un mondo che cambia, e cambia rapidamente, e cambia a volte in maniera del tutto inaspettata rispetto alle migliori previsioni, il valore della flessibilità acquista carattere dominante.
Flessibilità, ossia capacità di un’organizzazione di aggiornarsi, di rendere davvero fruibile il servizio prodotto, di intercettare e dare risposta alle reali, attuali, complesse esigenze del cittadino e del poliziotto. E’ il banco di prova del Siulp a trenta anni dalla sua nascita, è la nuova storia che oggi siamo chiamati a scrivere.
Un congresso, tanto più …. se importante come quello del Siulp di Roma, non può essere, allora, solo un’occasione per stilare consuntivi e bilanci dell'impegno volto a tutelare i diritti del poliziotto, ma è, per me, soprattutto l’occasione per esprimere sentimenti di vera riconoscenza e di sincero affetto verso le donne e gli uomini che, quotidianamente, vegliano sulla vita dei cittadini, garantendone tranquillità e libero esercizio dei diritti.
I poliziotti che prestano servizio a Roma; dietro qualsiasi risultato conseguito nell'attività di ordine e sicurezza pubblica, nel contrasto al crimine e al terrorismo esiste solo il sacrificio, spesso estremo, di persone che, ben oltre l’obbligo dello specifico rapporto di lavoro ed in condizioni spesso proibitive, profondono il massimo impegno in difesa della gente che vive e lavora onestamente.
Tutto quello che di buono la Polizia di Stato significa per i cittadini romani deve essere ascritto solamente a loro, e non ad altri. Non ai politici che inventano formule altisonanti ed inconcludenti, non agli gnomi della burocrazia legislativa che inventano mirabolanti toccasana per la sicurezza, cercando in nuove leggi quelle risposte che solo un’azione di governo seria, concreta fatta di scelte e soprattutto di investimenti, può dare.
Le famose associazioni dei volontari per la sicurezza, i numerosi modelli sicurezza (Modello Caserta, Modello Varese, Modello Modena), l’istituzione di “registri” di cittadini, in particolare quello dei clochard, l’introduzione di obblighi di denuncia, come quello per i medici, l’inasprimento eccessivo di pene per reati minori, quali quelli della vendita di marchi contraffatti, sono sensori di questo nuovo procedimento. Che ricorda un po’ le ultime parole famose della regina di Francia Maria Antonietta, quando il suo segretario le annunciò che il popolo stava morendo di fame.
“ Non hanno pane”, disse Ecco, la situazione del poliziotto di oggi a Roma come in Italia richiama i tempi in cui fu pronunciata quell’infelice battuta.
Abbiamo bisogno di pane, noi poliziotti del 2011 e ci danno le brioches. Chiediamo uomini, mezzi, soldi, per lavorare decentemente, e ci danno patti per la legalità, protocolli d’intesa tra sindaco e prefettura, e dichiarazioni pubbliche di funzionari comunali con la faccia sorridente che comunica ai cittadini che da quando il Campidoglio si occupa di sicurezza, gli omicidi sono diminuiti, i latitanti sono stati presi e gli stupri sono stati azzerati.
Tutto vero, tra l’altro, ma mi chiedo: cosa c’entra il Sindaco con tutto questo?Il fatto è che la sicurezza, passata l’emergenza dell’ordine pubblico degli anni ottanta, è diventata terreno di scontro dei vari partiti politici alcuni dei quali, a volte strumentalizzano le paure e la richiesta prioritaria di ogni cittadino a sentirsi sicuro.
Tutte le forze politiche si sono comportate allo stesso modo: quando erano all’opposizione, gonfiavano l’allarme sulla sicurezza, ingigantivano gli effetti mediatici degli episodi di cronaca nera, creavano addirittura allarmi inesistenti.Lo abbiamo visto a Roma, soprattutto a Roma, con gli omicidi delle signore perbene a Tor di Quinto, con gli stupri della Caffarella, con lo smantellamento dei campi nomadi.
Coloro che erano all’opposizione ripetevano in tutte le sedi l’inadeguatezza del governo in carica ad affrontare questo problema, a dare risposte serie alle domande dei cittadini, e, nei momenti di scontro più acceso, rinfacciavano la scarsa attenzione riservata agli operatori del comparto sicurezza. Una scarsa attenzione che in realtà si traduceva in una serie di insopportabili penalizzazioni.L’obiettiva scarsità di mezzi, di strumenti. Il pane che davvero ci manca, mentre sulla nostra questura sta per sventolare bandiera bianca.
L’evidente mancanza d’investimenti sulla tecnologia, sulla formazione, sulla cultura professionale del poliziotto.La dolorosa inadeguatezza del nostro stipendio, eroso dall’inflazione, dal carovita, dall’avvento della moneta unica europea.
Poi, quando l’opposizione diventava maggioranza e le parti si ribaltavano, chi prima si stracciava le vesti, come d’incanto si acquietava e con toni seriosi, affermava l’esatto contrario di quel che diceva prima: ma quale allarme sicurezza, quella è un’invenzione dei malfidati, i reati sono in calo, le forze dell’ordine stanno bene e. da qui a Natale sconfiggeremo mafia camorra terrorismo pedofilia e, se ci gira, anche la minaccia islamica.E il Sindacato cosa faceva? Cosa ha fatto il Siulp di Roma? Cosa abbiamo fatto noi in questi cinque anni per protestare contro il trattamento ignobile che la politica ci ha riservato?
Facevamo insieme l’unica cosa possibile: facevamo sindacato. Quello vero, quello che i colleghi richiedono, quello che il Paese esige; un Siulp che controlla,[] che giudica, che lotta con ogni energia contro le speculazioni della cattiva politica, per il bene comune della sicurezza, per la dignità dei poliziotti.Scendendo in piazza a migliaia, accanto alla Segreteria Nazionale e al Segretario generale, protestando sotto il Viminale, sotto Palazzo Chigi.
Denunciando all’opinione pubblica l’incongruenza di un sistema che da un lato creava allarmi ed allarmismi, dall’altro non adottava i provvedimenti necessari per mantenere alti i livelli di sicurezza. Denunciando le incongruenze, i passi falsi, gli errori grossolani di una politica che sta massacrando l’apparato sicurezza per pure ragioni di egoistica convenienza.
Denunciava le inadeguatezze di alcuni dirigenti politici che errore dopo errore stanno smantellando un sistema sicurezza costruito con tanta fatica negli anni ‘80 mettendo a repentaglio l’incolumità dei cittadini.Poi, per fortuna, è finito il momento della mancanza d’investimenti.
Ed è iniziato il periodo dei Tagli. Tagli continui, ripetuti, spaventosi, tali da mettere in ginocchio i servizi essenziali dell’apparato sicurezza. Tali da mettere a repentaglio la stessa sicurezza.
Economisti ex “enfant prodige”, rimasti forse più enfant che prodige, (ma tutti, fateci caso, con la stessa immancabile erre moscia), applicando le vecchie teorie di Taylor, un tizio vissuto nell’ottocento e già ritenuto antico per quel tempo, un tizio che considerava il lavoratore, per intenderci, una macchina da reddito da sfruttare al massimo delle possibilità, scoprono che la sicurezza è un costo, e come tale va abbattuto; tagliando sulle auto, sulle armi sugli equipaggiamenti. Sugli straordinari, sulle missioni, sulle divise.
Sull’addestramento, sull’aggiornamento professionale sulla formazione culturale specifica. Tagliare, tagliare, tagliare, questa la parola d’ordine di ogni governo in carica, e poi sostenere che tutto va bene, che più si taglia e meglio è, che si può come per incanto abbattere i costi e migliorare il servizio.Tutto risolto insomma, un altro miracolo italiano si è realizzato: come nelle favole di una volta il bravo imprenditore con il suo bravo commercialista ha sistemato per sempre la questione, con un trucco da saltimbanco e un po’ di fortuna. Come in un sogno.
Ma il sogno, purtroppo, non riguardava la fabbrichetta di Lodi o di Seriate.L’incubo riguardava il nostro Paese, il suo livello di sicurezza, massacrato da una serie impressionante di tagli.
Hanno ridotto in maniera notevole e pesante il numero di poliziotti e carabinieri, hanno decurtato i loro stipendi, hanno tagliato della metà il parco auto delle forze di polizia, hanno bloccato per dieci anni i contratti di fornitura di armi, giubbetto antiproiettile, munizioni, computer, scarpe, divise, manutenzione di caserme e uffici, hanno azzerato i fondi per le missioni e per le indagini, ed i poliziotti hanno incassato col sorriso sulle labbra e la morte nel cuore, l’ordine di sfratto di centinaia di proprietari di uffici in affitto alle forze di Polizia per morosità cronica.Questa è la causa di tutti i mali che ogni giorno, soprattutto a Roma i poliziotti soffrono sulla propria pelle. In un vivere quotidiano che oramai è diventato insopportabile.
A questo punto il buon senso (o il buon gusto) avrebbe consigliato una scelta diversa e magari più produttiva. Una soluzione alternativa ma vincente. Un cambio di strategia, magari al passo coi tempi attuali.Valorizzando il poliziotto, per esempio.
Con un riordino delle carriere che metta la parola fine a un modello di polizia di stampo napoleonico, basato su uno schema gerarchico militare che mortifica professionalità e specializzazioni acquisite sul campo, per vararne uno nuovo, più moderno, più vicino al cittadino più orientato all’obiettivo di fornire un servizio che a quello di gestir un potere.
Com’è stato fatto negli ultimi cinque anni in Spagna, in Francia, in Belgio. O negli ultimi dieci in Austria, in Olanda, in Germania. Perché tutta Europa si muove in questo campo per accettare le sfide del tempo, tranne noi, ancora arroccati in un fortino ottocentesco incapaci di percepire il tempo che scorre, il mondo che cambia, la domanda di sicurezza che si evolve.Oppure con un coordinamento reale tra le forze di polizia, e soprattutto tra Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri, due Forze a competenza generale che si muovono in maniera del tutto autonoma l’una rispetto all’altra.
Provocando sprechi, duplicazioni, intralci, pericolose rivalità e gelosie, inefficienze. Immobilismo.Per comprendere quel che dico fate due passi per Roma; in Via del Corso troverete pattuglie di tutte le forze di polizia, a S. Basilio nemmeno una.
Il che è conforme all’intenzione di chi gestisce la delicata situazione: la sicurezza, secondo qualcuno, è diventata oramai un diritto esclusivo per chi vive in centro. Ai “periferici”, bastano le ronde. O il passaggio provvisorio di una camionetta dell’Esercito.Con un occhio di riguardo, comunque, anche alla qualità del crimine: sul delitto eccellente indagheranno tutti con ogni mezzo e ad ogni costo, dal Ris di Parma in giù.
Sulla rapina all’edicola sotto casa vostra sarà sufficiente una denuncia consegnata in fretta e furia alla Procura. E nessuno, siatene certi, indagherà sopra. Questa è la nuova tendenza dell’attività di polizia: perseguire la sicurezza dei cittadini, ma solo quella percepita, mica quella reale. Costa poco, e rende di Più. E pazienza se poi alla fine il gioco viene scoperto.
Forse è arrivato il momento di cambiare. Con un Coordinamento reale tra polizia civile e militare: come è stato fatto in Francia appena qualche mese fa da Sarkozy, senza che la stampa italiana ad onor del vero abbia enfatizzato più di tanto l’avvenimento.
Oppure infine cambiando tendenza.Iniziando a considerare la sicurezza per quello che davvero è: un investimento, non un costo. Percependo il senso più intimo della nuova sicurezza.
Quello di ‘sicurezza partecipata’ è un concetto relativamente recente, che però è già diventato oggetto di attenzione anche da parte dell’opinione pubblica.Avviando un circolo di attività di sostegno alla sicurezza attraverso una rete di relazioni tra enti locali, cittadini e territorio.
E’ indubbio che aI centro delle politiche della sicurezza, di cui la repressione del fenomeno criminale è solo una parte, deve esserci la prevenzione, sempre più determinante per la tranquillità del cittadino. L’ascolto di tutte le voci presenti in un territorio, attraverso varie forme e modalità, conferma che per migliorare la sicurezza territoriale, soprattutto quella percepita, occorre un approccio complesso al territorio, che permetta di prendere in considerazione e intervenire collettivamente (comunità e istituzioni) su quei fattori socio-ambientali che potrebbero sfociare in elementi di pericolosità, come stiamo facendo in alcune realtà con la Cisl , nostra confederazione di riferimento.
Un territorio viene percepito dalla popolazione come insicuro laddove, di fronte al cambiamento, il senso di appartenenza entra in crisi, si frammenta in microcontesti chiusi, dove le identità sono in potenziale conflitto ed incapaci a far fronte collettivamente ai problemi. A questo punto è compito del Siulp lavorare per diffondere il concetto di legalità, per favorire l’integrazione, per rendere davvero fruibile il servizio sicurezza che la Polizia di Stato offre ai cittadini.
L’attenzione alla trasformazione delle percezioni sociali, dei singoli e delle comunità, ci mette infatti in grado di fronteggiare eventi che, diversamente, potrebbero essere percepiti come una minaccia: mutamenti sociali, culturali ed urbanistici.É dunque da qui che, ancora una volta, bisogna ripartire, dal coinvolgimento dei cittadini, indispensabile per attivare un rinnovato senso di appartenenza al territorio e rendere fecondo il dialogo con la Polizia.
Recuperare e mantenere in vita i luoghi della convivenza sociale, e quindi investire sulla sicurezza per migliorare la società.Perché se non c’è sicurezza non c’è niente. Non c’è libertà, non c’è democrazia non c’è sviluppo. Non c’è futuro. Senza sicurezza non c’è niente di quello che un Paese libero, moderno e democratico dovrebbe garantire ai suoi cittadini.
Ecco perché una sia pur sommaria elencazione di dati e numeri che provino a sintetizzare la cifra dell'impegno dei nostri poliziotti, può distogliere l'attenzione dal reale valore di queste donne e di questi uomini e di snaturare il senso di un lavoro fatto di tanti piccoli ma importanti, gesti che ogni giorno ed ogni notte testimoniano l'attenzione dedicata dal Siulp, ai mille problemi che incidono sull’ordinario lavoro di ognuno di noi.Il Siulp da tempo si occupa di valorizzare il poliziotto, perché il poliziotto è il motore di ogni processo innovatore.
E la rinnovata richiesta di partecipazione alla vita e alle lotte del Siulp di Roma testimonia la qualità e la quantità del nostro impegno.
Ogni settimana, arrivano decine e decine di richieste di incontri per verifiche e confronti semestrali, ai quali riusciamo a far fronte con ottimi risultati grazie alla partecipazione attiva di tanti, molti dei quali presenti in questa sala.Ogni settimana arrivano infinite richieste per incontri relativi alla ex 626 oggi l. 81; ancora più numerose arrivano le richieste di partecipazione a commissioni consultive per la disciplina, e le richieste di colleghi per essere difesi nella disciplina stessa; e si tratta spesso, sempre più spesso, di pratiche immotivate, pretestuose,
Un basilare principio, sostanziale e processuale, che caratterizza ogni procedimento punitivo, e dunque anche quello disciplinare, è dato dal contraddittorio, ossia il diritto dell’incolpato di potersi difendere, tramite escussione o producendo prove e documenti, prima che l’organo titolare di potestà sanzionatoria adotti misure afflittive.Nel nostro rapporto di lavoro, il potere disciplinare si presenta saldamente ancorato alla posizione di "supremazia speciale" dell’Amministrazione, cui corrisponde una posizione di "soggezione speciale" del dipendente pubblico. Questa è la causa di tutti i nostri mali, da qui bisogna partire per ridare dignità al poliziotto, e mi piace rammentare che in questi cinque anni, il Siulp di Roma ha dovuto far fronte a centinaia di pratiche disciplinari campate in aria.
Ma che comunque hanno prodotto il danno, perché la giurisprudenza ha scelto di attenuare alcuni dei principi di tutela del lavoro quando si tratta di giudicare sui poliziotti: alcuni principi adottati a difesa dei diritti del lavoratore, soprattutto a garanzia della conservazione del suo posto di lavoro, contro la minaccia del licenziamento, mutuati dalla cultura giuslavorista degli anni ‘80, non trovano attuazione per gli appartenenti alle forze di polizia e per i militari delle forze armate.
La riforma urgente, urgentissima del Regolamento di disciplina è un passo fondamentale per liberare il poliziotto dal ruolo obbligato di cittadino di serie b e di lavoratore di serie c nel quale una burocrazia antica e superata dal tempo, vorrebbe continuare a confinarlo.E poi occorre realizzare la riforma delle carriere.
Perché il SIULP è convinto che non ci possa essere nessuna riforma che abbia una possibilità di riuscire concretamente, se essa non passa attraverso la valorizzazione delle risorse umane che saranno, poi, chiamate ad applicarla.Da anni, ormai troppi anni, il personale aspetta una riforma delle carriere che possa consentire una rivisitazione dei profili, degli sviluppi delle professionalità, attraverso la valorizzazione dell’esperienza maturata nel tempo al servizio del Paese, che possa garantire un nuovo e rinnovato slancio alla funzione di sicurezza di cui, il Paese necessita anche in funzione delle nuove insidie che provengono dall’estero.
Così come è ormai imprescindibile una riforma della dirigenza della polizia, con contestuale contrattualizzazione, che renda questa funzione centrale e moderna, al passo con i tempi e con la dirigenza pubblica.
Occorre, allora ripensare un intervento che ridia fiducia a questo personale e rinvigorisca il senso di appartenenza, da sempre motore per un’efficace riuscita della missione a cui sono chiamati i poliziotti, che per decenni, complice anche la speranza di un trattamento pensionistico diverso e appagante rispetto agli altri lavoratori, ha costituito il valore aggiunto delle Amministrazioni del Comparto. Da sempre, questo comune sentire ha controbilanciato la mancanza di attenzione ai bisogni dei singoli.
La mancanza di sbocco professionale, accompagnato dalla campagna dei tagli che ha falcidiato ogni briciolo di specificità, si è tradotto oggi in una vera e propria emergenza che attraversa, trasversalmente, ogni qualifica e ruolo della polizia.
Stiamo tenendo assemblee in ogni posto di lavoro dove i segretari di base sentono l’esigenza di essere supportati nel confronto coi colleghi.
C’è voglia di protesta e di partecipazione nei poliziotti romani. C’è voglia di sindacato. C’è voglia di Siulp. E noi siamo impegnati a dare risposte a questa pressante domanda.
Abbiamo partecipato con la segreteria nazionale ad un numero impressionante di manifestazioni davanti ai palazzi della politica e non solo, in un momento veramente difficile per la categoria e per il Paese tutto,
Abbiamo intrapreso iniziative politiche territoriali importanti che grande risalto hanno avuto sui media a livello romano e nazionale, come il camper per la sicurezza.Abbiamo partecipato con la segreteria nazionale ad un numero impressionante di manifestazioni davanti ai palazzi della politica e non solo, in un momento veramente difficile per la categoria e per il Paese tutto,
Tutto questo impegno, grazie alla partecipazioni di tutti i quadri romani del Siulp, ci ha consentito, non solo di essere ancora il primo sindacato a livello romano, ma il sindacato che più è cresciuto nell’ultimo anno, con un incremento di circa il 6%, in più rispetto all’anno precedente, in controtendenza rispetto agli altri sindacati.
Ci troviamo qui oggi per concludere una fase importante, la fase congressuale. Dopo le trasformazioni organizzative dovute agli eventi degli ultimi 2 anni, è ormai necessaria una fase di rinnovamento e consolidamento degli organismi, nel rispetto dei valori unitari, pluralisti e confederali che fanno del Siulp qualcosa di unico e di inimitabile; il più importate soggetto tra i sindacati di polizia e dell’intero comparto sicurezza.
Siamo convinti che questo congresso ci porrà in una condizione di forza e di autorevolezza verso l’amministrazione e verso le istituzioni, che ci aiuterà a costruire un’organizzazione unitaria, ricca di nuove energie, in grado di darci un nuovo slancio, nuove motivazioni e nuovi stimoli, per continuare a sostenere i diritti della categoria, con le lotte, l’impegno e i risultati che i poliziotti si aspettano da un sindacato che appartiene oramai alla storia del nostro Paese qual è il Siulp.L’ultimo pensiero è per voi, colleghi ed amici delegati.
Voi, che con il vostro assiduo, generoso e vigoroso contributo siete la vera essenza di questo sindacato.
Voi che davvero a volte riuscite a suscitare in me forti emozioni per la vostra passione, il vostro coraggio, il vostro generoso spirito di servizio. Questa è la mia storia di questi cinque meravigliosi anni con voi.
Ma non è finita qui.Perché noi continueremo.
Continueremo la nostra battaglia per la sicurezza e per la libertà, per noi, per i poliziotti e per i cittadini di questo Paese.
Continueremo insieme a quelli che come noi amano le battaglie giuste e non quelle facili, continueremo insieme se volete, perché la mia storia ha molto in comune con la vostra storia e con la storia del nostro sindacato.
Del mio Sindacato, il Siulp.
La storia di uomini liberi che hanno dalla propria parte un unico grande sponsor, la forza della ragione e un’unica grande convinzione: la voglia di cambiare il mondo.E lo cambieremo. Viva il Siulp.